La complessità in cui viviamo richiede delle semplificazioni, per fortuna ci sono molti strumenti che ci possono aiutare a gestire il lavoro per esempio, il metodo LEGO® Serious Play® è una tecnica di facilitazione del pensiero, della comunicazione e della risoluzione di problemi da utilizzare con organizzazioni, team e individui.
Il metodo LEGO® Serious Play® (LSP) in ambito aziendale, si presta per ottenere la partecipazione attiva delle persone, far emergere nuove idee, rompere la routine di pensiero che troppo spesso ci tiene ancorati agli stessi schemi e quindi agli stessi problemi.
Abbiamo avuto il piacere di ospitare Roberto Cobianchi, facilitatore certificato LEGO© SERIOUS PLAY©. Questo metodo può aiutarci a prendere delle decisioni più efficienti nella realtà lavorativa di tutti giorni. Aiuta la nostra immaginazione a liberarsi dai lacci che la discussione razionale impone al pensiero. La costruzione manuale di modelli tridimensionali con i mattoncini LEGO sfrutta la connessione mano-mente. Le mani permettono di portare sul tavolo di discussione conoscenze ed esperienze alle quali la nostra mente non ha accesso per via razionale. (Fonte www.foresightstrategico.it).
Intervista a Roberto Cobianchi
A cosa serve il metodo Lego?
LEGO® SERIOUS PLAY® è una tecnica di facilitazione del pensiero, della comunicazione e della risoluzione di problemi da utilizzare con organizzazioni, team e individui.
È orientata alla collaborazione tra le persone, al confronto e alla condivisione di ciò che le persone pensano e sentono su un tema comune.
In questo senso accelera i processi decisionali facendo in modo che ognuno partecipi in modo attivo, contribuisca alle decisioni e diventi co-responsabile delle azioni che insieme agli altri ha collaborato a individuare.
Perché secondo te funziona?
Il metodo funziona per due motivi principali. Il primo motivo è che la struttura stessa del metodo porta le persone a partecipare attivamente alla discussione: la chiamiamo “riunione 100/100”, ovvero tutte le persone sono coinvolte al 100%, partecipano allo stesso livello in tutte le fasi della “riunione”.
Al contrario, nelle riunioni 80/20, quelle alle quali siamo abituati in ogni contesto organizzativo, la discussione è generalmente polarizzata dal 20% delle persone che prendono l’80% delle decisioni. In pratica, in questo tipo di riunioni perdiamo il contributo dell’80% dei presenti. E questa, se il tema oggetto della riunione è importante per l’organizzazione, come ad esempio definire una nuova strategia di mercato, è una perdita drammatica.
Il secondo motivo è che il pensiero concreto, quello che si esprime manipolando oggetti concreti, fisici, permette di portare a galla anche la conoscenza che le persone hanno ma non sanno di avere.
Durante la costruzione di un modellino, le mani hanno la capacità di attingere a informazioni alle quali non siamo in grado di accedere con la nostra mente razionale (quella che si esprime nelle riunioni tradizionali, che spesso e volentieri diventano battaglie tra cervelli). Le mani agiscono come un motore di ricerca nella nostra mente.
I mattoncini LEGO®, poi, hanno il grande vantaggio di essere montati e smontati, di essere riutilizzabili all’infinito. Quindi, funziona perché tutti partecipano in modo attivo rompendo la routine del pensiero solito.
Cosa succede al nostro cervello, in che modo la manualità con i lego apre nuove strade alle idee?
Il metodo si basa, tra le altre, su teorie dell’apprendimento e su studi di neuroscienze.
Apprendimento. Innanzitutto il Costruttivismo di Piaget: la persona costruisce la conoscenza attraverso l’esperienza che fa del mondo che la circonda. Poi il Costruzionismo di Papert: il processo di apprendimento, e quindi di costruzione di conoscenza, è più efficace se costruiamo oggetti fisici esterni a noi. Mentre le nostre mani costruiscono un oggetto, la nostra mente costruisce la struttura cognitiva corrispondente.
Neuroscienze. In ogni nostra decisione, emozioni e istinto contribuiscono per l’80-85%. Solo il 15% è razionale. La neocorteccia prefrontale, dove risiedono i processi di pensiero cognitivo e razionale, non è in grado di attingere alle informazioni che risiedono nel nostro cervello limbico (dove risiedono le emozioni) e nel nostro cervello rettiliano (dove risiedono gli istinti). Quindi la riunione tradizionale nella quale “discutiamo razionalmente” sulle cose è destinata a non sfruttare l’85% del patrimonio informativo che ognuno dei partecipanti può portare nella riunione.
Le mani hanno la capacità di attingere proprio a questo patrimonio e di trasferirlo nei modellini tridimensionali attraverso la scelta anche istintiva dei mattoncini. In questo senso quindi, il metodo è un acceleratore del processo cognitivo con il quale scropriamo e comprendiamo la realtà, da noi stessi al contesto organizzativo.
Chi lo può usare
La risposta secca è: tutti, a livello individuale, di team, di organizzazione. Non esiste il “profilo giusto”, quello che può ottenere il maggior beneficio o dare il miglior contributo alla discussione su un tema.
Ho utilizzato il metodo con studenti universitari per disegnare le personas in progetti di content marketing; con reparti commerciali per definire strategie di mercato a 5 anni; con organizzazioni non profit per azioni di miglioramento individuale su un profilo professionale; con docenti e studenti universitari per capire le aspettative degli studenti del corso di laurea; per avviare nuovi team di agenti, per ridefinire vision e mission.
Tre situazioni tipo in azienda in cui può essere d’aiuto
Prima situazione, a livello individuale. È esperienza comune trovarsi in momenti della propria vita in cui occorre ripensare, ridefinire, trovare nuove direzioni o nuove strategie per il proprio percorso, professionale o di vita. Qui si lavora a rappresentare la propria identità, core, esterna e aspirazionale, per riflettere in modo diverso su chi siamo, quali valori ci muovono, a cosa aspiriamo, quali desideri ci spingono, dove vogliamo arrivare e come arrivarci.
Seconda situazione, a livello di team. Quante volte persone che dovrebbero lavorare insieme non riescono a farlo, o a farlo in modo efficace per l’organizzazione. Qui si può lavorare per allineare visioni e strategie a livello di team o risolvere problemi specifici. È necessario precisare che NON si tratta di team building: lo scopo non è quello di “far vivere un momento diverso e divertente a un gruppo di persone così si conoscono meglio e lavorano meglio insieme” (senza nulla togliere all’utilità di queste situazioni).
Spesso i team non lavorano bene insieme perché le persone hanno visioni diverse, del team, degli obiettivi, dello stile di lavoro del team, di cosa si dovrebbe fare e come. Con un workshop LSP, vogliamo portare le persone a riconoscersi, a definire insieme valori, obiettivi, stile, fino alla strategia del team. Quindi giocano, certo, e si divertono, ma l’obiettivo è molto serio ed è posto sul tavolo fin dall’inizio – non è un sottoprodotto dell’attività.
Terza situazione, a livello di organizzazione. Anche nella vita di un’organizzazione arrivano i momenti in cui occorre ridefinirsi, poco o tanto. Qui usiamo il metodo per definire la nuova strategia sul mercato o per risolvere problemi specifici, ripensare la vision, la mission, l’intera strategia o fare problem solving. Senza dimenticare che il metodo può essere impiegato anche nella selezione del personale.
A chi mi rivolgo per usare questo metodo
Per usare questo metodo, sia a livello individuale come lavoro sulla persona che a livello organizzativo come lavoro sui team e sulla stessa organizzazione, occorre rivolgersi a facilitatori certificati nel metodo LEGO® SERIOUS PLAY®. Queste persone hanno seguito un corso di 4 giorni full time tenuto da un Master Trainer acquisendo da un lato le nozioni tecniche sul metodo, dall’altro l’esperienza pratica nella conduzione di un workshop con l’uso del metodo. Non può essere applicato dopo aver semplicemente letto un libro o alcuni articoli che lo spiegano: la formazione specifica ricevuta da un Master Trainer e l’esperienza nella conduzione di workshop LSP sono elementi determinanti la qualità e l’efficacia del workshop.